Si è tenuto in modalità blended – mista on line e in presenza – il sesto meeting del Network delle Associazione Europee del Patrimonio Mondiale, organizzato e promosso fra il 25 e il 27 novembre dall’Associazione Francese nei luoghi della Valle della Loira. 

Le due giornate di lavori, a causa della contingenza delle restrizioni che la pandemia impone, si sono svolte nell’ambito di seminari e tavoli di lavoro prettamente tecnici, ed hanno visto partecipare site manager provenienti da Francia, Inghilterra, Svizzera, Germania, Spagna, Norvegia, Svezia, Finlandia, Croazia, Polonia e Italia in rappresentanza delle rispettive Associazioni e Commissioni Nazionali per l’UNESCO.

Al centro delle tematiche affrontate la ricaduta dell’emergenza sanitaria Civdi19 sulla gestione dei Siti del Patrimonio Mondiale, delle politiche nazionali ed europee messe in campo per affrontare le criticità della crisi pandemica, la possibilità di accesso alle risorse del piano di resilienza e ripresa a livello internazionale e uno sguardo di speranza al 2022, anno delle celebrazioni del cinquantenario della Convenzione del Patrimonio Mondiale UNESCO del 1972.

L’ Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale è stata rappresentata da Carlo Francini, site manager del sito centro Storico di Firenze Patrimonio Mondiale e coordinatore del comitato tecnico scientifico della ABIPM, che ha riportato ai colleghi la complessità della situazione che si è venuta a creare in Italia nel febbraio 2021,  dalle primissime ipotesi di chiusura dei luoghi della cultura per fermare i contagi al lungo lockdown che ha tenuto chiusi musei, cinema, teatri, palazzi storici e ha fermato ogni iniziativa di disseminazione culturale, passando anche dalle difficoltà incontrate da molti colleghi nelle attività di manutenzione ordinaria e di esecuzione di opere più complesse nei luoghi Patrimonio Mondiale, quando anche il mondo delle imprese si è dovuto fermare. Un faro è poi stato acceso da Francini anche sulle opportunità scaturite da questo momento di crisi, a partire dalla crescita – sia qualitativa che quantitativa – dell’offerta culturale e delle strategie di engagement messe in campo attraverso l’uso delle piattaforme digitali, che nel nostro Paese hanno sostenuto le comunità e anche le aziende culturali e creative.