I Balconi a Pompei - Ph. Ciro Fusco/MiBACT

A quasi duemila anni di distanza dall’eruzione del 79 d.C, Pompei continua a regalare tesori. In una zona della Regio V, ora interessata dagli scavi,  emergono edifici con tre grandi balconi, sui quali sono stati ritrovati persino resti di anfore da vino rovesciate, probabilmente messe ad asciugare al sole. 

Gli scavi della Regio V vanno a lavorare su di un’ampia area rimasta inesplorata – circa 66 ettari – sulla quale estendeva la colonia romana. Da questa cinta ogni giorno vengono alla luce particolari importantissimi della storia della città. Il ritrovamento dei balconi è un fatto eccezionale:  al momento sono quattro esemplari, uno accanto all’altro, che affacciavano sulla stessa stradina, che gli archeologi stanno strappando alla terra e al fango antico in queste settimane di lavoro.

Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, ha spiegato all’ANSA che questo ritrovamento è eccezionale poiché dei piani alti degli diffidi pompeiani non resta quasi più nulla. Per questo i balconi verranno restaurati e inseriti in un percorso tutto nuovo che collegherà la via di Nola con il vicolo delle Nozze d’Argento, quello che prende il nome dalla monumentale dimora privata, una delle più sontuose di Pompei, che ora dopo una chiusura lunga decenni verrà restaurata e restituita al pubblico. 

Importante il dispiegamento di forze per questo scavo: si tratta di  una squadra di circa 40 persone fra architetti agli archeologi e archeobotanici, nonché tecnici di ogni sorta, dai portatori di dreni ai manovratori di telecamere endoscopiche. Nell’approcciare allo scavo c’è anche un aspetto nuovo da raccontare, quello delle metodologie di scavo del ‘700, che rinvengono oggi.  “Abbiamo potuto ricostruire la loro tecnica di cantiere, il modo in cui arrivavano alle scoperte e si muovevano sotto terra, scavando una buca profonda dalla quale facevano partire lunghi cunicoli.- ha raccontato Osanna all’ANSA- Molte cose, anche gli affreschi, le portavano via per esporle altrove, tante altre, per noi oggi altrettanto preziose, le lasciavano”.

Fonte: MiBACT/ANSA