Dopo quattrocento anni Ferrara, il cui centro storico è Patrimonio Mondiale dal 1995, riporta alla luce il Baluardo dell’Amore, offrendo al pubblico un itinerario di visita che ricalca fedelmente i percorsi originariamente tracciati dagli Estensi Il nuovo Parco archeologico realizzato dal Comune di Ferrara nel tratto sud delle mura cittadine, in corrispondenza dell’antica Porta d’amore, è stato aperto ufficialmente al pubblico ieri, giovedì 30 luglio.

Come spiegato dagli esperto della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, il Baluardo dell’Amore era occupato dal 1936 dalla scuola Bianca Merletti e l’Amministrazione Comunale ne aveva programmato la sua demolizione  con la finalità di riaprire un varco nelle mura meridionali urbane, documentato dalle planimetrie storiche.

La Soprintendenza, quindi, è intervenuta pianificando uno scavo archeologico dell’area: nel corso delle indagini, che si sono protratte a più riprese dal 2012 al 2019, è venuta in luce una situazione molto complessa che ha consentito di documentare tutte le fasi costruttive della Porta e del Baluardo dell’Amore che  corrispondono sostanzialmente anche a quelle che hanno interessato nel corso dei secoli  tutto il tratto meridionale della cinta muraria ferrarese.

In particolare le strutture venute in luce, ben conservate anche in alzato per diversi metri,  hanno consentito di scoprire la Porta ed il tratto di mura che Borso d’Este costruì nel 1451 a difesa della parte sud della città, costruite a poca distanza dal  Po di Ferrara; si presentano ben conservate sia le pavimentazioni, realizzate in mattoni posati a coltello, che i resti della Porta d’entrata alla città.

La seconda fase portata in luce dalle indagini archeologiche  appartiene alle modifiche volute da Ercole II; attorno alla Porta, per maggiore difesa della stessa,  fu costruito nel 1557 un rivellino a forma di freccia. Anche in questo caso sono ben  apprezzabili i resti dei vani interni al rivellino, uno verisimilmente adibito a deposito d’armi, l’altro ospitante la piccola cappella della Madonna dell’Amore, la cui presenza è documentata da labili tracce di affresco.

L’ultima trasformazione del complesso architettonico  fu  la costruzione del Baluardo ad asso di picche ( 1578-1585) voluto da Alfonso II insieme ad altri per una fortificazione più efficace del fronte meridionale urbano. In questo caso sono venuti in luce i contrafforti interni e le due porte laterali d’accesso.

Lo scavo ha inoltre potuto documentare come nella zona attorno alla Porta, tra la fine del XVII e il XVIII secolo, fossero presenti piccoli edifici e strutture adibite ad attività artigianali; lo svuotamento di una cisterna ha portato inoltre al recupero di un’ingente quantità di ceramiche.

Fin dalle prime fase di ritrovamento archeologico è stato chiaramente esposto dall’Amministrazione Comunale la volontà di garantire il passaggio dall’interno delle mura verso l’esterno, ripristinando quindi il concetto di “porta” e di creare una sorta di passeggiata tra le rovine. Fin dalle prime ipotesi progettuali è stata posta da questa Soprintendenza l’esigenza di proteggere per quanto possibile i resti murari della porta, di consolidare le volte e volte parziali delle modifiche di Ercole II, pur garantendo il passaggio sommitale lungo le mura. Il progetto che è stato realizzato si configura, correttamente, come un’architettura sulla preesistenza che tenta di rileggere in chiave critica quanto ritrovato e di alludere alle masse fabbricative della fase più matura del rivellino. In tal senso è stato accolto positivamente il tentativo di risolvere le diverse esigenze funzionali con una struttura leggera, in semplice appoggio sulle murature antiche, che richiama i filari di mattoni senza simularli o ripristinarli. Una soluzione architettonica che non è un ripristino ma una interpretazione in grado di visualizzare matericamente le strutture originarie nel pieno rispetto della materia residua.

Le strutture architettoniche originarie emerse nel corso degli scavi sono state consolidate con materiale similare e con un’attenta scelta delle malte da impiegarsi, per garantire nel tempo una durabilità dell’intervento e anche la riconoscibilità dello stesso secondo i principi operativi del restauro.

Il nuovo insieme del baluardo dell’Amore si presenta, quindi, come un vero e proprio “parco archeologico” delle mura urbane, consentendo di apprezzare visivamente in un’area ristretta le complesse modifiche che questa zona della città ha subito.