Il Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, Franco Bernabè, nel suo intervento in apertura dei lavori ha ricordato il ruolo istituzionale dell’Organizzazione nel settore della comunicazione e dell’informazione, che determina il perseguimento della libertà di espressione, dello sviluppo del sistema dei media e dell’accesso all’informazione e alla conoscenza.
Tra le molteplici iniziative dell’Unesco in questo ambito, l’impegno per l’uguaglianza di genere e quello per la sicurezza dei giornalisti, che viene svolto nel quadro di uno specifico Piano d’azione adottato dalle Nazioni Unite. Si tratta di un tema particolarmente delicato visti i numeri dei giornalisti assassinati: 99 vittime nel 2018 e ben 1307 tra il 1994 e il 2018.

Nella consapevolezza che l’informazione è motore di sviluppo, che i media svolgono un ruolo fondamentale di critica e controllo del potere e che la rapida divulgazione di notizie false costruite ad arte per scopi di propaganda politica è in grado di minacciare seriamente il regolare funzionamento dei nostri sistemi democratici, l’Unesco è poi fortemente impegnata nel contrastare il fenomeno delle “fake news”.
Nel suo articolato intervento Bernabè ha dedicato particolare attenzione alla trasparenza sull’origine del messaggio, constatando che nei social media il rapporto tra chi utilizza il mezzo a fini politici e il pubblico non è necessariamente trasparente, nel senso che può non essere chiara l’identità di chi diffonde il messaggio e le finalità che persegue. Tenuto conto dell’anonimato in rete, della facilità di realizzare furti di identità, della possibilità di utilizzare software progettati per simulare conversazioni con esseri umani, chiunque abbia un interesse ad alimentare una azione di propaganda per qualsiasi finalità lo può fare con la ragionevole sicurezza di non dover rendere conto delle sue azioni. Assistiamo dunque ad una situazione paradossale in cui per tutelare il consumatore vengono imposti l’obbligo di accertare l’origine e la composizione dei prodotti e il divieto di fare pubblicità subliminale, perché il meccanismo che influenza le scelte non è trasparente, mentre nel caso dell’informazione questi temi non sono vengono nemmeno presi in considerazione.

L’intervento di Bernabè ha poi toccato temi quali il costo e l’efficacia della comunicazione ed i rischi che la democrazia corre nell’era del web e dei social media, rischi molto più sottili rispetto al passato e legati non tanto alle tecnologie quanto alla enorme concentrazione di potere che si è costituita intorno alle tecnologie, alla assenza di trasparenza nei messaggi e alla mancata regolazione sull’uso dell’enorme quantità di dati personali di cui gli intermediari dell’informazione vengono in possesso.

(Fonte: FB – CNIU)