Contestata e attaccata da vari fronti, la Riforma del MiBAC voluta da Bonisoli e ormai sulla strada dell’approvazione da parte delle Camere, fa discutere. Il Ministro, qualche giorno fa, ha rilasciato una dichiarazione per spiegare le ragioni e le modalità delle scelte fatte, che noi riportiamo pedissequamente.
“Il decreto di riorganizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, approvato ieri sera (19 giugno, n.d.r.) in Consiglio dei Ministri, è stato inviato, come da prassi, alla Corte Conti”: lo dice il Ministro Alberto Bonisoli. “Vi sono alcuni elementi di novità. Maggiore attenzione ai territori, la cancellazione di inutili sovrapposizioni attraverso l’eliminazione di duplicati e funzioni doppie per una migliore azione amministrativa, ottimizzazione ed razionalizzazione della spesa, superando i confini amministrativi e legando tra di loro situazioni e siti secondo una logica tematica. 
Per quanto riguarda i prestiti e gli scambi con l’estero di opere d’arte “le novità introdotte rispondono ad una esigenza di certezza del diritto e uniformità delle procedure”. Infatti “si è deciso di armonizzare le relazioni internazionali evitando comportamenti opportunistici che, invece, l’attuale normativa, al contrario, consentiva”.
Infine si è deciso di rafforzare la capacità di spesa del Ministero, creando una direzione che si occuperà esclusivamente di contratti per regolamentare l’attuale caos delle stazioni appaltanti. “Per la prima volta nella storia del Mibac, il processo che ha portato alla rielaborazione di questo decreto – ha concluso Bonisoli – ha avuto un percorso partecipato e concertato, cominciato mesi fa. Prima della stesura definitiva sono stati riuniti e ascoltati sindacati, dirigenti, associazioni, terzo settore il cui parere è stato tenuto in ampia considerazione e con cui è stata definita una precisa road map che si è chiusa con la firma del presidente del Consiglio dei Ministri ieri sera”. 
Nel frattempo mass media, esperti e social si mobilitano per portare all’attenzione dell’opinione pubblica quegli elementi che – visti dal punto di vista degli operatori del settore – “non funzionano”, tanto per visione che per operatività.
Sulla piattaforma di raccolta firma Change.org è scattata la petizione per lasciare l’autonomia al Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Villa Giulia che, sotto la direzione di Valentino Nizzo, ha  visto un incremento del visitatori del 14,3 per cento rispetto al 2017, arrivando a quota 82.322 persone – cifra che non si vedeva dal 2006.
Partiamo con il parere della storica dell’Arte Giulia Silvia Ghia, che tiene un blog sull’ Huffintong Post che scrive: “Un’ennesima riorganizzazione, con cambi di nomi, sigle e uffici come se ne sono conosciute a decine nella storia del Ministero: una sequenza dai continui cambiamenti, spesso più formali che sostanziali, a cui nessun ministro resiste e come al solito sulla pelle delle persone che ci lavorano che non sono state preventivamente coinvolte nella determinazione delle modifiche né tantomeno informate, se non dai mezzi stampa, quando i giochi erano già conclusi. Un intervento tutto interno al ministero più che una vera riforma con una visione del ruolo del ministero nella società contemporanea, come – piaccia o non piaccia – è stato nel caso delle riforme realizzate negli scorsi anni dal precedente ministro. Ma ciò che emerge, ancora una volta, nonostante un richiamo un po’ retorico a una ‘centralità del cittadino’, è la distanza che separa un intervento sostanzialmente burocratico dai principi della Convenzione di Faro, che il Parlamento ancora continua a non ratificare.”
Federico Giannini, su Finestre sull’Arte, aggiungeva “C’è però un altro punto che sembrerebbe far andare il Mibac più nella direzione d’un apparato da romanzo russo dell’Ottocento che sulla strada per renderlo una struttura moderna: la nuova Direzione “Contratti e concessioni” che centralizza le competenze in materia di attività contrattuali, appalti e concessioni. In pratica, la nuova direzione avocherà a sé le funzioni di stazione appaltante per i contratti di appalto o concessione per importi al di sopra di una cifra che verrà stabilita con un successivo decreto ministeriale. Adesso le stesse funzioni vengono svolte in autonomia dai musei, dai poli museali regionali, dalle soprintendenze archivistiche. In buona sostanza: dagli uffici periferici, che con la “controriforma” perderanno dunque una prerogativa importante della loro autonomia. Prerogativa che sarà gestita, per tutta l’Italia, da un ufficio centrale (che ci si augura sarà fornito di adeguato personale: al contrario, il rischio è quello d’ingessare ulteriormente i processi del dicastero). Ma non è questo l’unico colpo inferto all’autonomia degli organi periferici: verranno aboliti i consigli d’amministrazione dei musei autonomi, e di conseguenza i bilanci verranno approvati dagli organi centrali del ministero. “