di Ingrid Veneroso – Sono giornate intense queste per chi opera nell’ambito del Patrimonio Mondiale italiano:  i lavori del Comitato del Patrimonio Mondiale sugli strumenti di attuazione della Convenzione, dall’implementazione delle Linee Guida Operativele alla riscrittura dei processi di candidatura, le nuove iscrizioni alla World Heritage List,  nonché la riflessione posta dalla condizione sospesa del sito di Venezia e la sua Laguna, al centro delle riflessioni di molti operatori ed esperti in materia. 

“L’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale, della quale come coordinatore tecnico-scientifico io mi faccio promotore e portavoce, è felice che il Comitato del Patrimonio Mondiale abbia concesso a Venezia un’ulteriore opportunità di approfondimento e valutazione delle criticità del sito. –  dichiara Carlo Francini – Sono vicino alla collega Katia Basili che si occupa della sua gestione per il Comune di Venezia e ricordo a lei, al suo staff, ma anche alle altre istituzioni nazionali che a diverso titolo sono coinvolte nella gestione del sito stesso, che l’Associazione è pronta e disponibile a poter fornire collaborazione e sostegno alle attività necessarie a risolvere al meglio questa condizione di precarietà.”.

La situazione del sito di Venezia riapre una pagina complessa, e per questo spesso tralasciata, del rapporto fra lo status di sito del Patrimonio Mondiale e le implicazioni che questo ha sulla gestione dei territori di riferimento, sulle relazioni fra gli stessi territori  e i decisori politici, gli stakeholder, le amministrazioni locali. 

“Il Centro del Patrimonio Mondiale propone degli strumenti per gestire le criticità che nascono da questi rapporti. Proprio quest’anno si celebra il decennale delle Raccomandazioni UNESCO sul Paesaggio Storico Urbano (Raccomandazioni HUL), uno strumento elastico e utile per lavorare alla gestione delle città storiche, non solo quelle Patrimonio Mondiale, ispirando una programmazione territoriale che riconosca e faccia propri i principi della Convenzione del 1972, trasmettendoli in maniera coerente alle amministrazioni locali, regionali e anche al Governo. – spiega Francini – Le Raccomandazioni HUL possono davvero sostenere praticamente gli enti preposti alla programmazione territoriale, hanno la potenzialità di rendere possibile la materializzazione dei principi unescani negli strumenti di gestione del Paesaggio Storico Urbano.”.

Nel 2022, la Convenzione per la protezione del Patrimonio Mondiale celebra i suoi primi 50 anni. E’ un documento fondamentale perché vivo e cangiante, che si adatta ai tempi mettendo sempre al centro il valore della cultura come strumento di conoscenza, di costruzione di pace, di sviluppo equo e sostenibile dei territori e delle comunità, per il quale i siti del Patrimonio Mondiale fungono da “avamposti” per la realizzazione concreta di questi principi. Serve però un cambio di passo e di visione: prendendo in analisi le attività del Governo legate al Patrimonio Mondiale, le celebrazioni del cinquantenario della Convenzione dovrebbero essere un’occasione di riflessione sul nostro patrimonio. 

“Un primo tema di riflessione dovrebbe essere la Legge n.77 del 2006, “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell’UNESCO”, che finanzia a pioggia le amministrazioni locali per progettualità legate ai siti del Patrimonio Mondiale. – spiega ancora il coordinatore scientifico dell’A.B.I.P.M. – Questa legge, di per sé meritoria, ha però bisogno di maggior attenzione da parte delle istituzioni, poiché necessita di un adeguamento: essere aggiornata con la realizzazione dei decreti attuativi, in particolare quello relativo all’art. 2, Priorità di intervento, secondo il quale i progetti di tutela e restauro dei beni culturali, paesaggistici e naturali inclusi nel perimetro di riconoscimento dei siti italiani UNESCO acquisiscono priorità di intervento qualora siano oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti. Un decreto attuativo su questo articolo avrebbe portato i siti del Patrimonio Mondiale all’interno delle politiche e le progettualità per il Recovery Fund, dove – invece – sono completamente assenti.”

La legge 77 fa invece riferimento ai Piani d Gestione, strumento atto ad assicurare la conservazione dei siti italiani UNESCO e creare le condizioni per la loro valorizzazione sono approvati appositi piani di gestione. “Eppure, a parte questo riferimento nel testo di legge, non è stato ancora fatti nulla per dare corpo e sostanza ai piani di gestione dei siti,- continua Francini – che non possono rimanere documenti isolati, rimanendo alieni al resto delle attività di programmazione territoriale. Far diventare cogente il piano di gestione potrebbe effettivamente contribuire al rallentamento delle attività di gestione dei territori, ma esso dovrebbe essere lo strumento per far entrare i principi del Valore Universale Eccezionale dei luoghi, per questo inseriti nella Lista del Patrimonio Mondiale, nella programmazione legislativa, regolamentare di quei territori che hanno un sito Patrimonio Mondiale. Bisognerebbe capir che il Piano di Gestione deve cambiare scala, entrando nella programmazione degli enti  e delle istituzioni in  settori quali l’urbanistica, il commercio, la gestione del turismo, proponendosi come base di lavoro per una programmazione territoriale  sostenibile.”

Verso il 2022, e alla luce delle condizioni climatiche, economiche e sociali in cui la comunità mondiale versa, nel prossimi 18 mesi sarà indispensabile tenere in considerazione, e quindi lavorare, sulla Valutazione di Impatto sui territori – Heritage Impact Assessment. “Lo H.I.A. è lo strumento di base per capire se un’attività intrapresa sul territorio, che può essere per esempio la costruzione di una infrastruttura, il recupero di un’area, un adeguamento di un piano edilizio, sia o meno coerente con i criteri di appartenenza di quel territorio e città alla World Heritage List. – conclude Francini – Qualche sito lo sta già sperimentando, ma lo H.I.A. deve diventare uno strumento di lavoro imprescindibile per un sistema di valutazione ante e non ex-post. La risposta allo H.I.A. scongiurerebbe il deperimento e il detrimento dell’Eccezionale Valore Universale del sito, permetterebbe di implementare la capacità di gestione dei siti in linea con i valori del Patrimonio Mondiale.”