Salvare la memoriaSalvare la memoria
Dopo la tappa mantovana, la mostra  “Salvare la Memoria” – idealmente dedicata al Direttore del sito archeologico di Palmira Khaled Asaad e all’esercito di Monuments Men – dal 15 settembre al 6 novembre 2016 sarà al Museo di Sant’Eustorgio a Milano, adiacente alla prestigiosa Cappella Portinari.
Il patrimonio violentato da guerre ma anche da terremoti, alluvioni e da tutti quegli eventi che, ferocemente e improvvisamente, si sovrappongono al fisiologico effetto del tempo su ciò che è testimonianza del nostro passato è declinato in un interessante percorso espositivo, così come è rappresentata l’opera incessante di chi ha a cuore la tutela e la salvaguardia delle opere dell’ingegno umano da consegnare alle generazioni future. Una grande storia raccontata da immagini originali, documenti, filmati, reperti (simbolicamente preziosi quelli provenienti da Palmira), testimonianze dirette.
Il progetto “Salvare la Memoria” è un’iniziativa del Polo Museale della Lombardia, a cui si affiancano il Comune di Mantova, l’ISCR, l’ICCROM, l’Università degli Studi di Milano, l’Università IULM, Monuments Men Foundation, Palazzo Ducale- Mantova, Diocesi di Mantova, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.  Ad affiancare Elena Maria Menotti e Sandrina Bandera, che ne sono curatrici, vi è un qualificato Comitato Scientifico.
A contrapporsi alla violenza della distruzione c’è la forza della restituzione. Come racconta questa affascinante mostra e come ricorda, non a caso, il suo sottotitolo. Non caso ad accoglierla per prima è stata Mantova, città devastata dal terremoto del 2012: quell’evento causò, tra l’altro, il crollo del cupolino della Basilica di Santa Barbara e produsse seri danni ad uno dei luoghi simbolo della città, la Camera degli Sposi in Palazzo Ducale, rendendolo a lungo non visitabile.
E con quello di Mantova, altri terremoti, dal Friuli ad Assisi, a Bam, L’Aquila, sino al Nepal. Come dimenticare poi l’alluvione del 1966 a Firenze e l’esercito degli “Angeli del fango”? O, su altro fronte, l’attentato all’Accademia dei Georgofili?
Le distruzioni scientemente provocate dagli uomini non si sono rivelate meno catastrofiche di quelle naturali. Distruzioni ereditate da guerre del passato recuperate molto tempo dopo, come è accaduto per Vilnius dove le distruzioni perpetrate dalle truppe di Pietro il Grande, sono state sanate solo dopo il 1989. 
Rievocando la Prima Guerra Mondiale, l’attenzione è proposta su Mantova, Milano, il Veneto. Ancora Mantova, nella Seconda Guerra Mondiale, insieme a Milano – con focus sulla sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, e su Cenacolo, Brera e Poldi Pezzoli -, Montecassino, le figure e l’azione di Pasquale Rotondi e di Modigliani e Pacchioni per la messa in sicurezza delle grandi opere d’arte italiane. Ma anche le vicende dell’obelisco di Axum, con le immagini della traslazione a Roma dall’Etiopia e della sua restituzione.
A questa sezione della grande mostra ha collaborato, tra gli altri, la Monuments Men Foundation di Dallas.
Tra i troppi conflitti recenti, la mostra propone quelli in Kosovo e in Afghanistan, evidenziando gli interventi di restauro dell’ISCR e la ricostruzione del ponte di Mostar. 
Le cronache quotidiane documentano le distruzioni in Iraq e Siria. Le immagini delle distruzioni di Palmira hanno colpito l’opinione pubblica mondiale. Da ricordare che in quell’area archeologica era attivo il progetto “Pal.M.A.I.S.” dell’Università degli Studi di Milano, così come ed Ebla l’Italia era presente con una propria missione archeologica. Per scelta delle curatrici, in questa sezione le immagini saranno esclusivamente “positive”: proporranno le attività di ricerca archeologica svolta. Nessuna immagine di distruzione, ma un puro segnale grafico a simboleggiare la temporanea, forzata interruzione di un percorso di ricerca, recupero e valorizzazione. La grandezza di Palmira sarà testimoniata da reperti originali concessi dai Musei Vaticani. 
L’attenzione del visitatore viene attratta anche su altri fenomeni presenti durante i conflitti, quali gli scavi clandestini, evidenziando i casi di Apamea e Lagash, con l’utilizzo di foto satellitari.

Fonte : MiBACT