Si è chiusa con successo in dicembre la campagna di comunicazione dell’UNESCO The Water We Want (“L’acqua che vogliamo”) volta a promuovere l’educazione a un uso più consapevole dell’acqua su scala globale. L’acqua si conferma ancora una volta come elemento trasversale agli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (Agenda 2030) e cardine imprescindibile da cui dipende il futuro dell’umanità. Proprio per questo è necessario coinvolgere maggiormente le giovani generazioni, a cui spetta il compito non facile di traghettare l’umanità verso nuovi modelli di sviluppo e di consumo, valorizzando e tutelando in modo più lungimirante le eredità, sia naturali che culturali, di un bene indispensabile a ogni forma di vita.

Forte del successo ottenuto la Rete Mondiale dei Musei dell’Acqua, che ha curato la campagna di comunicazione dell’UNESCO con 22 video sui social, si appresta ora a lanciare la II edizione del concorso per l’anno 2021, aprendosi a nuove collaborazioni con altre istituzioni e realtà italiane impegnate sui temi dello sviluppo sostenibile. 

LA RETE MONDIALE UNESCO DEI MUSEI DELL’ACQUA – La Rete Mondiale UNESCO dei Musei dell’Acqua raggruppa circa 60 istituzioni e musei di 30 paesi impegnati a promuovere, tramite specifici progetti educativi, e sotto l’egida prestigiosa di UNESCO-IHP, il valore unico dei patrimoni acquatici ereditati (patrimoni sia naturali che culturali, tangibili e intangibili).

A sottolineare infatti la necessità di coinvolgere maggiormente i giovani per esprimere nuove visioni sull’Oro Blu è una recente decisione del Consiglio Intergovernativo del Programma Idrologico dell’UNESCO, che ha affidato al nostro paese la leadership di questa sfida globale. Con la Risoluzione UNESCO-IHP n.XXIII-5 si affida al Global Network of Water Museums, che ha sede in Italia (Venezia), l’obiettivo di collegare fra loro istituzioni museali ed educative di tutto il mondo.

I MESSAGGI DEI GIOVANI AMBASCIATORI DELL’ACQUA – Fra i messaggi consegnati dai giovani partecipanti di tutto il mondo è stata più volte sottolineata l’urgenza e la necessità di adottare nuove misure per la tutela delle acque dolci, dei fiumi, dell’ambiente e del paesaggio. Molti dei lavori selezionati hanno infatti messo in luce le contraddizioni e le conseguenze ormai sempre più insostenibili dovute a modelli di sviluppo che oggi vanno radicalmente ripensati: da plastiche e microplastiche riversate nei fiumi e di conseguenza negli oceani (che generano le ormai tristemente note isole di plastica) ai fenomeni di inquinamento diffuso che cancellano la biodiversità e ogni forma di vita acquatica; dalle situazioni di sovrasfruttamento e di gestione insostenibile della risorsa alla paradossale mancanza di un’acqua “sicura” che, nonostante il riconoscimento del “diritto all’acqua” come diritto umano, ancor oggi miete nei Sud del Mondo milioni di vittime, in particolare tra i bambini.

I giovani studenti di tutto il mondo hanno voluto raccontare ed esprimere le loro speranze in un futuro migliore attraverso immagini e video che alternano le visioni poetiche di un mondo ideale alle lucide analisi di abusi e comportamenti poco lungimiranti verso questa risorsa. Lo hanno fatto formulando proposte accattivanti che fanno ricorso sia alle nuove tecnologie che alle buone pratiche di utilizzo sapiente del prezioso bene che ne hanno fatto per secoli i nostri predecessori: modelli di gestione ereditati per un uso ottimale e “sostenibile” (ante litteram) della risorsa e che hanno plasmato l’ambiente e il paesaggio. Modelli testati e perfezionati dunque da generazioni innumerevoli che, oltre a soddisfare le esigenze produttive dell’uomo, hanno saputo tutelare e persino favorire la biodiversità e la convivenza di interessi fra diverse specie vegetali e animali: dagli armoniosi paesaggi terrazzati per le coltivazioni di riso in Indonesia e in Cina a quelli della costiera amalfitana per la produzione di agrumi; dalle huertas di Valencia, in Spagna, gestite con sofisticate tecniche irrigue, alle oasi create dall’uomo nei deserti del Nordafrica (che oggi giacciono, purtroppo, in un precario stato di abbandono); dalla costruzione di canali d’acqua navigabili e multifunzionali, che hanno reso possibile la rivoluzione industriale in Inghilterra, Belgio, Germania e Nord America, alle visioni tese a promuovere l’uso accorto di un bene “esauribile” che è al contempo anche “sacro”, così come  formulato dalle popolazioni indigene di mezzo mondo: dal Mali al Sudafrica, dall’Australia alla Nuova Zelanda, dalle foreste amazzoniche alle Ande, dagli altipiani del Tibet all’antico mondo Europeo.

Fonte: Ufficio Stampa Global Network of Water Museums