“Un evento che ha avuto un forte impatto sulla vita marina e la chimica degli oceani, come documentato dalle Dolomiti, dove la crisi del Carnico è visibile in modo spettacolare nella morfologia del paesaggio, con le celebri pareti di dolomia che vengono interrotte da rocce poco resistenti che si sono deposte proprio durante questo evento, quando gli ecosistemi collassarono”. Il geologo Piero Gianolla, dell’Università di Ferrara, commenta così l’apporto che le Dolomiti hanno dato all’ultima importante scoperta scientifica pubblicata sulla prestigiosa rivista Science Advances.

La ricerca che ha messo in luce una nuova rivoluzione degli ecosistemi globali, legata a un cambiamento climatico avvenuto 233 milioni di anni fa, è frutto del lavoro condotto dal un team internazionale guidato da Jacopo Dal Corso, della China University of Geosciences, di cui fanno parte anche ricercatori delle Università di Padova e Ferrara, del CNR, del MUSE – Museo delle Scienze di Trento e del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige. Gli studiosi hanno esaminato prove geologiche e paleontologiche raccolte in decenni di rilievi sul campo, analisi di laboratorio e modellizzazioni, ricostruendo il quadro completo delle cause, delle dinamiche e degli effetti di quello che è stato definito l’Episodio Pluviale Carnico.

Che cos’è avvenuto dunque 233 milioni di anni fa, durante l’Episodio Pluviale Carnico e cosa ha generato questo evento durato circa un milione di anni? Le cause sono state messe in relazione con le massicce eruzioni vulcaniche nella provincia di Wrangellia, di cui abbiamo testimonianze nel Canada occidentale e in Alaska. “Nel Carnico vi fu un’enorme eruzione vulcanica che produsse circa un milione di chilometri cubi di magma”, afferma Andrea Marzoli dell’Università di Padova. Le eruzioni iniettarono in atmosfera enormi quantità di gas serra come l’anidride carbonica, che portarono a un riscaldamento globale e questa fase di riscaldamento globale fu associata a un forte aumento delle precipitazioni. Cambiamenti che causarono una grave perdita di biodiversità negli oceani e sulle terre emerse, tanto da poter essere catalogata tra le più profonde fasi di estinzione nell’intera storia della vita. Dopo l’evento di estinzione nuovi gruppi fecero la loro comparsa o si diversificarono rapidamente, come ad esempio i dinosauri, contribuendo all’origine di nuovi ecosistemi: “Molti gruppi di piante e animali si diversificarono in questo momento, tra cui alcune delle prime tartarughe, i coccodrilli, le lucertole, i primi mammiferi e le prime moderne foreste di conifere”, sottolinea Jacopo dal Corso.

“La storia scritta nelle rocce e nei fossili ci mostra quanto intense e perduranti siano le conseguenze di grandi eventi di estinzione – aggiunge Massimo Bernardi, paleontologo del MUSE. “Questi eventi sono segnati da crisi e, contemporaneamente, da rinnovamento della vita, e mostrano altissima contingenza: è difficile prevedere chi si troverà dalla parte dei vinti e chi dei vincitori”.  Un avvertimento, per chi vive nel mezzo di una nuova crisi ecosistemica globale.

Fonte: Fondazione Dolomiti UNESCO