di Ingrid VenerosoPreservare, valorizzare, promuovere. Questi sono i principi guida di chi gestisce un sito del Patrimonio Mondiale, tre parole di uso comune che racchiudono una declinazione semantica per niente banale. Questo perché un “sito UNESCO” è un organismo complesso, per la varietà di significato che porta, per la connessione fra le questioni di gestione routinaria e i rapporti con la comunità locale, per la stessa struttura delle amministrazioni pubbliche che devono guidare e al tempo stesso lasciarsi modellare dalle suggestioni che vengono portate dall’appartenenza alla World Heritage List. 

Tralasciamo in questo contesto l’analisi dell’uso dei tre termini sopra citati, oggetto di numerose riflessioni in seno agli operatori della cultura, ma torniamo ad essi per leggere gli ultimi accadimenti che hanno visto protagonista il Parco Archeologico di Pompei, nella WHL assieme agli Scavi di Ercolano e Torre Annunziata dal 1997.  

Per prima cosa c’è la preservazione, la tutela. Si dice. Lo sa bene il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, recentemente riconfermato dopo un breve interim di Alfonsina Russo, che ha lavorato moltissimo sulla ricerca e sulle campagne di scavo. Proprio lui, in prima persona nei giorni scorsi attraverso i social media, ha dato notizia del ritrovamento di nuovi reperti di rara e delicata bellezza, rinvenuti nel Foro Triangolare  nel Tempio di Atena tra cui un’antefissa (probabilmente fregio della testata delle travi del tetto o un’occlusione dei canali terminali delle tegole dell’edificio in terracotta) e delle terrecotte, che il professore ha definito ex voto risalenti IV secolo a. C.  Si tratta di reperti rinvenuti nel corso degli scavi di approfondimento del significato di un Santuario che, probabilmente, è stato un ninfeo, ma che conserva ancora significati degni di approfondimento nel Santuario dedicato ad Atena e i cui studi sono stati portati avanti in collaborazione con l’Università “Federico II” di Napoli. 

L’operato della Direzione, in questo ambito, è da iscriversi maggiormente nella fase della tutela o della valorizzazione? Difficile a dirsi, così come di difficile catalogazione è la recente esperienza della fruizione nell’itinerario di visita della Casa della Caccia antica, rimasta aperta stabilmente fino allo scorso 22 luglio. Questa esperienza, inseritasi nell’ambito del Grande Piano Pompei, è stata possibile grazie ad una proficua collaborazione tra l’Università degli Studi di Torino, il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” e il Parco Archeologico Pompei. Tale join venture ha realizzato un’importante attività di studio, analisi, e conservazione di questo edificio. In una prima fase progettuale la ricerca ha riguardato gli apparati decorativi e il pavimento mosaicale del tablinum: in particolare ne è stato studiato lo stato di conservazione, al fine di comprenderne le cause del degrado, studiando anche le modalità degli interventi precedenti. La ricerca ha messo sul campo un team interdisciplinare: archeologi, architetti, storici dell’arte, chimici, geologi, fisici, biologi (che hanno svolto le analisti delle cause di degrado) e tecnici informatici (che hanno operato su rilevazioni 3D e archiviazione). La documentazione raccolta è servita quindi a ricostruire la storia costruttiva della struttura muraria riconoscibile alla seconda metà del II secolo a.C. identificando varie fasi costruttive e di ristrutturazione successive fino agli interventi seguiti al terremoto del 62 d.C.  Nel frattempo, nell’ambito delle attività didattiche del Corso in Conservazione e restauro dei beni culturali, sono stati avviati interventi di restauro su affreschi, sculture, arredi, vasi, strumenti e calchi di arredi. Fra i risultati emersi, si è reso evidente che la scena di caccia nel peristilio della struttura, che caratterizza e ha dato il nome alla casa, è stata vittima di perdita di colore perché non è preservata a dovere nel tempo dalle insidie meteoriche.

E proprio una insidia meteorica è stata la causa accertata di un parziale distacco di un travetto della copertura dell’atrio della Casa della Fontana piccola, avvenuto ieri, immediatamente individuato e puntellato per la messa in sicurezza. “Nonostante il tam-tam dei giornali, si è trattato di un episodio ordinario, possibile in una situazione di forte vento e avverse condizioni meteorologiche, ma dovutamente monitorato e segnalato dal personale di vigilanza all’ufficio tecnico”  hanno spiegato dal Parco. Nel frattempo la Casa è stata chiusa al pubblico per un monitoraggio e in alternativa è stata riaperta la Casa della Caccia antica.  

Mentre noi discutiamo su questi temi, all’Ashmolean Museum of Art and Archaeology di Oxford, in Inghilterra, ha aperto i battenti il 25 luglio la mostra “Last Supper in Pompeii”, che racconta ai visitatori la vita quotidiana degli antichi Romani, dai campi coltivati alle taverne, dagli empori ai triclini, dalle cucine ai luoghi di culto. L’allestimento nasce nell’ambito della più ampia collaborazione tra Intesa Sanpaolo e la prestigiosa Oxford University che include attività di formazione, di ricerca scientifica, scambi e borse di studio. Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer Intesa Sanpaolo, ha spiegato ad ANSA che la collaborazione con la Oxford University, che perdura da diversi anni, costituisce un’opportunità grazie al notevole contributo scientifico alla diffusione della storia e della cultura italiana, a partire da scoperte archeologiche anche recenti.  In mostra ci sono esposti oltre 300 reperti archeologici, alcuni di recente scoperta, tra cui oggetti di uso quotidiano, utensili, vasi, persino resti di cibi carbonizzati e preservati dalle ceneri del vulcano, mosaici e tesori provenienti da Parco Archeologico di Pompei, dal Museo Nazionale Archeologico di Napoli, dal British Museum, dal Parco Archeologico di Paestum e anche da collezioni private. 

Conoscere per preservare, studiare (e anche scansionare in tre dimensioni) per conservare e restaurare, tutelare per raccontare e raccontare per riconoscere e disseminare i principi dello Universal Outstanding Value del sito. Come si realizzi questo percorso e in che modo porti i suoi frutti, per il caso di Pompei viene indicato nel Piano di Gestione del Sito, inserito nel più ampio <<Piano strategico  per lo sviluppo delle aree comprese nel piano di gestione del Sito UNESCO “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”>>.

Si tratta di un documento complesso, come complesso è il sito Patrimonio Mondiale e il suo contesto. Esso consta di un “Piano della Conoscenza”, per un’azione progressiva e permanente di rilievo, verifica e monitoraggio continuo dello stato di conservazione e di rischio delle strutture e degli apparati decorativi dell’area archeologica di Pompei, secondo la metodologia della conservazione programmata; un “Piano delle Opere” che prevede un piano di interventi di restauro degli edifici secondo un cronoprogramma dettato dall’avanzare progressivo delle attività di rilievo e verifica; un “Piano per la fruizione, per il miglioramento dei servizi e della comunicazione” e un “Piano della sicurezza”, ossia una serie di interventi per il rafforzamento della condizioni di sorveglianza e sicurezza dell’intera area archeologica. Conclude la serie il “Piano di rafforzamento e di capacity building della SAPES”, che contiene una serie coordinata di azioni per il rafforzamento tecnico delle capacità operative della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e per il potenziamento della relativa dotazione tecnologica. 

Tutte queste attività da qualche settimana vengono raccontate grazie al portale Grande Pompei,  che come si legge nella relazione dell’avanzamento del Progetto aggiornata al dicembre 3018, ha bandito 76 interventi per una spesa di 157,5 milioni di euro ed è attualmente lo strumento di sviluppo e monitoraggio del sito stesso. Il Piano è infatti “uno strumento condiviso e fondato sulla concertazione istituzionale a tutti i livelli della Pubblica Amministrazione, in un modello sperimentale che mira alla partecipazione/condivisione e l’integrazione/interesse comune tra le diverse proposte, al fine di superare la logica della frammentarietà delle azioni e di evitare duplicazioni e ridondanze sul territorio. Nel Piano si delinea una strategia di sviluppo e una visione unitaria dell’intera area. – leggiamo sul sito – Il Piano si muove in piena sintonia con il Piano Strategico di sviluppo del Turismo 2017-2022, varato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, poiché ne coglie la logica di sistema integrato e ne condivide i tre principi ispiratori: sostenibilità, nelle tre componenti ambientale, sociale ed economica, puntando al miglioramento simultaneo dell’offerta turistica e della qualità della vita dei residenti dell’intera area interessata e valorizzando anche le potenzialità dei siti meno conosciuti; innovazione, ossia l’ottimizzazione della struttura del processo organizzativo del settore turistico attraverso gli strumenti informatici e i servizi digitali; accessibilità, intesa in senso fisico e culturale, da coniugare in idonee modalità di accesso e di fruizione ai luoghi, anche meno visitati, da parte di ogni categoria di utenza.”
Gli obiettivi di carattere generale previsti dal Decreto Legge 91/2013 e riferibili al rilancio economico-sociale, alla riqualificazione ambientale e urbanistica e al potenziamento dell’attrattività turistica dell’area del sito Patrimonio Mondiale, sono confluiti nelle seguenti quattro linee strategiche: il miglioramento delle vie di accesso e interconnessione ai siti archeologici; il recupero ambientale dei paesaggi degradati e compromessi prioritariamente mediante il recupero e il riuso di aree industriali dismesse; la riqualificazione e rigenerazione urbana, nel rispetto del principio del minor consumo di territorio e della priorità del recupero; la promozione e sollecitazione di erogazioni liberali e sponsorizzazioni e la creazione di forme di partenariato pubblico-privato. (Tutti i progetti realizzati e i dati sono disponibili sul portale di cui sopra, ndr)

Qualche obiettivo è stato raggiunto, qualche altro è ancora lontano ma ben individuato all’orizzonte mentre altri, in questa fucina in movimento che abbiamo raccontato, sono appena al loro inizio. Uno per tutti che ci sembra interessante è la call che è stata fata alla popolazione di partecipare attivamente alla realizzazione di un portale di integrazione digitale per il territorio della cosiddetta buffer zone. Lo scopo è costruire insieme la conoscenza del patrimonio di luoghi, arti, mestieri, memorie e tradizioni dell’area vesuviana costiera e la richiesta è di inviare memorie in qualsiasi formato per la costruzione di un archivio “di cultura” condiviso. Un’azione necessaria, vista la rapidità dei mutamenti sociali e culturali ai quali è sottoposta l’area: questa ricadrà nel novero della categoria valorizzazione o di quella della tutela? Siamo sicuri di voler fare necessariamente un distinguo in merito? 

Nel frattempo, dal 2000 al 2018 i visitatori del solo Parco Archeologico di Pompei sono saliti da 2.165.739 a 3.649.374 ed è attualmente il secondo sito più visitato in Italia, dopo il Colosseo.  Ma noi fin qui non l’avevamo ricordato per scelta deliberata, poiché parlare di creazione di valore, di gestione della promozione e della preservazione di un luogo della cultura, a maggior ragione di un Sito del Patrimonio Mondiale, non significa (solo) fare un conteggio di biglietti staccati