Nella Settimana dei Musei “gratis” abbiamo deciso di supportare l’iniziativa del MiBAC proponendo degli approfondimenti sul tema dei Musei come strumento di conoscenza, comunicazione, partecipazione e appartenenza.

Cominciamo dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Il direttore, Valentino Nizzo, ha partecipato lo scorso maggio al primo World Heritage LAB organizzato dall’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale a Ferrara sul tema della comunicazione nel mondo della cultura. Vi proponiamo un abstract del Quaderno Operativo del LAB e il video del suo intervento. Buona visione e buona Settimana dei Musei!

 

 

“Se ci sei batti un colpo: quello che non racconti non esiste”
Valentino Nizzo – Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

tratto dal “Quaderno Operativo || #Comunicare – Le Nuove parole per il Patrimonio Mondiale
Report del World Heritage Lab – Ferrara, 11 maggio 2018″
“L’essenza del nostro lavoro è far capire a tutti che il patrimonio culturale ci appartiene” ed affinché questa necessità si realizzi è opportuno rifarsi ad alcuni capisaldi della cultura, dell’antropologia e della ricerca, utilizzandoli come strumenti per comprendere il profondo mutamento che la contemporaneità ha portato al valore del patrimonio culturale e al suo significato.
Secondo i precetti espressi nella Convenzione di Faro, viene superata l’idea che il bene culturale sia una “cosa”. Questo concetto, seppur presente nel Codice dei Beni Culturali del MiBACT, viene superato già grazie agli studi di Franz Boas, padre dell’antropologia moderna. Boas, studiando il popolo Inuit, riconobbe che l’ambiente nel quale i popoli, i gruppi sociali vivono, le esperienze che accumulano, vanno a formare il loro stesso mondo, il loro stesso vocabolario. Il patrimonio culturale è elemento di questo ambiente ma le persone, troppo spesso, fanno fatica a riconoscerlo perché mancano degli strumenti per conoscerlo.
Il patrimonio culturale diventa quindi esso stesso strumento di conoscenza, il luogo della cultura smette di essere un contenitore ostico, chiuso su se stesso e principalmente orientato ad attività di conservazione, ma si propone come un luogo della conoscenza, aperto, fruibile e – attraverso un processo di riconoscimento personale e di gruppo – diventa “una casa”, dove ognuno sia benvenuto e possa godere dei suoi contenuti e al tempo stesso sia responsabile di quegli stessi contenuti.

Orhan Pamuk, scrittore turco, premio Nobel per la letteratura nel 2006, nel 2016 stilò un “Decalogo per un museo che racconti storie quotidiane”, che può diventare modello per delineare il museo – o più in generale il luogo della cultura – dell’oggi e del futuro.
• Il futuro dei musei è all’interno della nostra casa. La situazione è assai semplice: siamo stati
abituati ad avere l’epica ma quello che ci serve sono i romanzi.
• Nei musei siamo stati abituati alla rappresentazione, ma quello che ci serve è l’espressione.
• Siamo stati abituati ad avere i monumenti, ma quello che ci serve sono le case.
• Nei musei avevamo la Storia, ma quello che ci serve sono le storie.
• Nei musei avevamo le nazioni, ma quello che ci serve sono le persone.
• Avevamo gruppi e fazioni nei musei, ma quello che ci serve sono gli individui.
• Avevamo musei grandi e costosi e continueremo ad averne ancora di più, specialmente in Asia, dove i soldi dei governi vanno a finanziare questi musei. Quello che ci serve sono però dei musei piccoli ed economici che si rivolgano alla nostra umanità.”

Per tradurre in azioni concrete i suggerimenti di Pamuk, sono stati delineati degli obiettivi che rientrano specificamente nell’ambito della comunicazione, che si rifanno ai principi del “Cono dell’apprendimento” teorizzato dal pedagogista americano Edgar Dale nel 1969 e agli studi condotti sull’utilizzo del mezzo digitale dal sociologo, antropologo e filosofo francese Bruno Latour.

Partecipazione e coinvolgimento: è necessario favorire la partecipazione attiva del pubblico al percorso di visita, con supporto di dispositivi virtuali e tradizionali che consentano l’interazione e un processo di scoperta e di apprendimento il più possibile coinvolgente.
Emozione e divertimento: ricorrere a dispositivi e a soluzioni espositive che arricchiscano l’esperienza di visita e di approfondimento sul piano emozionale, incentivando le dinamiche e i meccanismi del cosiddetto apprendimento esperienziale (Experiential Learning) con l’ausilio di supporti in grado di produrre una costruttiva sollecitazione sensoriale (visiva, uditiva, olfattiva, mnemonica) e di favorire i processi cognitivi e di scoperta grazie all’azione e al divertimento.
Narrazione storica: evitare lo storytelling fine a se stesso e ricorrere al dato storico criticamente contestualizzato come strumento di narrazione, abbandonando tecnicismi e mantenendo il discorso attraente, con l’ausilio di espedienti retorici in grado di mantenere viva l’attenzione.

Esperienza immersiva e multisensoriale (sollecitazione neuronale): sollecitare l’esperienza cognitiva tramite un percorso immersivo e multisensoriale, evitando tuttavia il ricorso a strumenti di osservazione invasivi e alienanti come visori e occhiali, partendo dal presupposto che una esperienza di apprendimento e di scoperta condivisa e collettiva (come ad esempio quella cinematografica o teatrale) risulta più efficace e suggestiva.
Contestualizzazione spaziale e cronologica: cercare sempre di contestualizzare secondo le coordinate dello spazio e del tempo le informazioni fornite al visitatore, in modo tale che possa progressivamente costruirsi una mappa mentale personale, entro la quale incardinare “egocentricamente” i nuovi dati volta per volta acquisiti.
Connecting the dots”: la mappa del tempo e dello spazio come supporto mnemonico a un apprendimento relazionale. Sulla base dei principi precedentemente elencati, favorire i meccanismi cognitivi che possono generare relazioni tra l’esperienza personale del fruitore e il racconto espositivo (apprendimento relazionale).
Dimensione interattiva e proiezione “social” dell’esperienza di visita: consentire al visitatore di estendere istantaneamente le emozioni, le reazioni e i processi relazionali sperimentati nel corso della visita alla sua cerchia di conoscenze, attraverso i meccanismi ormai tradizionali della condivisione sociale virtuale, fornendo all’utente tutti gli strumenti necessari per favorire tali interazioni (connessione wifi gratuita, app dedicate, profili social delle strutture).